
Pareti in cartongesso e placcaggi
Parte del testo seguente è tratto dal libro “Difetti nella progettazione acustica in edilizia” edito Maggioli. Tutti i diritti sono riservati. Non possono essere copiati, riprodotti, pubblicati o redistribuiti senza l’autorizzazione dell’autore e di Maggioli S.p.A.
La realizzazione di strati di rivestimento degli elementi d’involucro di un locale mediante contropareti oppure controsoffitti, ad esempio composti in lastre di cartongesso, determina normalmente un incremento delle prestazioni di isolamento acustico nei confronti del rumore trasmesso per via aerea e di calpestio.
In alcuni casi sussiste tuttavia anche la possibilità che l’intervento porti ad un peggioramento della prestazione di isolamento acustico di partenza dell’elemento costruttivo.
L’incremento di prestazione è da ricondurre all’introduzione di un elemento vibrante (la controparete o il controsoffitto) il quale risulta tanto più efficace nel dissipare l’energia dell’evento sonoro quanto più è in grado di vibrare in maniera indipendente dal supporto di base.
Tale effetto si ottiene mantenendo, per quanto possibile, disconnesso o disaccoppiato il rivestimento rispetto all’elemento costruttivo edilizio di partenza; se l’elemento aggiuntivo, ad esempio la lastra di cartongesso, fosse direttamente applicata al supporto di base, l’effetto di incremento della prestazione di isolamento acustico sarebbe pressoché nullo.
Le tipologie di intervento sugli elementi costruttivi verticali sono generalmente raggruppabili in due categorie: 1) placcaggi (o controplaccaggi), ossia soluzioni in cui l’elemento aggiuntivo viene direttamente fissato alla struttura di base e 2) contropareti, cioè soluzioni in cui l’elemento aggiuntivo risulta auto-portante e viene normalmente mantenuto completamente disconnesso dalla struttura di base.
I placcaggi sono in genere realizzati con elementi preaccoppiati.
L’esempio tipico è quello dei pannelli in cartongesso, aventi funzione di massa, che vengono accoppiati in fabbrica con elementi “elastici” quali fibre di poliestere oppure lane minerali o altri elastomeri, aventi funzione di molla.
L’accoppiamento di elementi aventi funzione di massa con elementi eccessivamente rigidi, come ad esempio polistireni espansi, poliuretani, etc., potenzialmente utile dal punto di vista termico deve essere sempre evitato nel caso in cui l’obiettivo contempli anche l’incremento dell’isolamento acustico.
Nella figura successiva si riporta un esempio di pannello per placcaggi in cartongesso con preaccoppiata lana minerale.
L’applicazione avviene mediante fissaggio alla superficie esistente con apposito collante applicato per punti o strisce, cui il pannello già preaccoppiato in fabbrica viene fatto aderire e premuto, come visibile nell’immagine “B” e NON mediante fissaggi rigidi quali tasselli, viti o zanche che andando a connettere rigidamente il pannello alla struttura di base inficerebbero il corretto funzionamento del sistema.
Il pannello deve poi essere sigillato sul perimetro con materiali elastici.
All’interno della medesima figura, nelle immagini “D” ed “E”, sono riportati due esempi di lastre in cartongesso preaccoppiate con elastomeri.
Il risultato in termini di incremento dell’isolamento acustico dell’applicazione di pannelli di questa tipologia è pressoché nullo, poiché essi non lavorano con il principio massa-molla bensì fissandosi rigidamente alla partizione di base e finendo per seguirne la vibrazione producendo minimi benefici e comunque solo nel caso in cui la struttura di base presenti scarsissime prestazioni in termini di isolamento acustico.
Tali tipologie di pannelli potrebbero rivelarsi utili qualora posati su una propria struttura autoportante, divenendo quindi una vera e propria controparete.
Quanto sopra per ribadire che l’acustica non è fatta dai soli materiali, ma va sempre considerato il campo di applicazione e la corretta modalità di posa.

Le contropareti più comunemente utilizzate sono realizzate con lastre in cartongesso o similare fissate su strutture metalliche che devono essere mantenute non a contatto con la parete retrostante.
Tra le guide metalliche e l’elemento costruttivo su cui esse si innestano devono essere interposti degli elementi disaccoppianti in materiale elastico (come per esempio le lane minerali).
Nel caso dei controsoffitti risulta possibile sia utilizzare dei pendini comprensivi di sistemi smorzanti sia, qualora si ricerchino incrementi di prestazione più marcati, delle vere e proprie strutture tridimensionali, completamente indipendenti dalle strutture di base, mediante le quali realizzare dei sistemi “box in the box”.
L’effetto ottimale delle contropareti avviene quando le stesse sono completamente disconnesse dalle pareti di base.
Ciò non risulta sempre fattibile in quanto per garantire la resistenza statica i montanti hanno un vincolo di luce massima consentita, dipendente dallo spessore del profilo e dalle dimensioni dello stesso.
In generale la luce massima utile per i comuni profili in acciaio zincato sp. 50 mm (anima del profilo) è di 250 cm, per profili con anima da 75 mm è di circa 280-300 cm, per profili con anima da 100 mm o più la luce massima ammissibile aumenta in quanto aumenta la rigidezza del profilo.
Un aspetto da tenere in conto in questo senso è legato allo spessore utile a disposizione, in quanto le contropareti riducono la superficie utile dei locali e più grande risulta essere il montante e maggiore è ovviamente lo spazio “eroso” alla superficie del locale.
In linea generale occorre evitare di ricollegare i montanti in modo rigido alla parete di base, come avviene nella fotografia di destra della figura riportata di seguito, in cui i montanti sono stati collegati con una zanca metallica alla parete.
Qualora non sia possibile aumentare lo spessore del profilo e la dimensione dell’anima dello stesso, per evitare collegamenti rigidi sono possibili diverse opzioni.
Una possibilità è quella di utilizzare connettori di tipo antivibrante, di cui un esempio è visibile nella fotografia sinistra dell’immagine successiva.

Nella figura seguente sono schematizzate altre ulteriori possibilità, tra cui diminuire l’interasse dei montanti ad esempio portandolo dal tipico 60 cm (schema A) a 30 cm (schema B), oppure lasciando l’interasse di 60 cm ma utilizzando due montanti messi schiena contro schiena (schema C), oppure entrambe le cose contestualmente, oppure ancora utilizzare profili con spessore del coil maggiorato (schema D), ad esempio passando da 6/10 mm o da 8/10 mm a spessori più elevati (normalmente non più di 2mm poiché sopra questo spessore l’auto-avvitamento delle viti non è più fattibile ed occorre preforare il profilo prima di avvitare le lastre), oppure ancora qualora vi sia spazio utile utilizzando profili con anima di larghezza maggiorata (schema E).

Nel caso dei controsoffitti l’ottimale è realizzare le strutture portanti dello stesso direttamente fissate alle strutture verticali di sostegno delle contropareti o meglio ancora autoportanti con propri montanti poggianti a terra.
Ciò non sempre è possibile e in tal caso è buona prassi impiegare pendini cosiddetti “antivibranti”, dotati di elemento elastomerico tra la parte fissata al solaio strutturale e la parte che si collega al controsoffitto.
L’adozione di pendini antivibranti rispetto a pendini normali (pressoché rigidi) genera mediamente un miglioramento di 3-6 dB nella prestazione di isolamento al rumore aereo.
La prestazione dipende dal tipo di pendino e dal carico che gli viene applicato; i principali produttori di sistemi a secco forniscono tabelle in cui si riporta l’attenuazione fornita dal sistema, la frequenza di risonanza e diagrammi di isolamento in percentuale in funzione della frequenza che eccita il sistema.